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Che cos’è l’alopecia androgenetica
L’alopecia androgenetica è la causa più comune di diradamento progressivo dei capelli (noto anche come calvizie): nel corso della vita colpisce oltre il 70% degli uomini e il 30-40% delle donne. È dovuta ad una tendenza del follicolo pilifero alla miniaturizzazione, imputabile al proprio corredo genetico, nella quale svolge un ruolo sostanziale il diidrotestosterone. Questa condizione può essere suddivisa in due tipologie:
- Alopecia androgenetica ad evoluzione lenta: inizia a 28-30 anni ed ha un progredire lento, che di solito non desta grosse preoccupazioni
- Alopecia androgenetica ad evoluzione rapida: inizia a 19-20 anni e progredisce velocemente, completandosi del tutto a 30 anni.
Anche se non si tratta di una vera e propria malattia, ma di una condizione sostanzialmente fisiologica, l’alopecia androgenetica può essere causa di profondo disagio, con esiti negativi sia sul piano psicologico che sociale. Non appena si nota un capello che giace sul cuscino, il nostro stato d’animo subito cambia. Riflettendo su ciò che la biologia ci insegna, potremmo affermare che i capelli sono privi di scopo funzionale e quindi che potremmo vivere tranquillamente senza di loro. Tuttavia, l’affannosa ricerca di terapie pronte a tamponare quella prima caduta di capelli sul cuscino ci fa capire subito che le cose non stanno esattamente così.
Ma quando dovremmo effettivamente iniziare e preoccuparci per la caduta dei nostri capelli? Quali sono le cure per l’alopecia androgenetica? Approfondiamo insieme l’argomento.
Il ciclo vitale dei capelli
Per comprendere l’alopecia androgenetica, prima dobbiamo conoscere il ciclo vitale dei nostri capelli. In ogni individuo, indistintamente dal sesso, i capelli percorrono un ciclo di vita composto da tre fasi:
- Fase Anagen (riconosciuta come fase attiva) in cui si ricostituiscono tutti gli annessi ed in cui il pelo può maggiormente essere esposto a traumatismi.
- Fase Catagen (fase di involuzione) in cui il pelo tende a spostarsi gradualmente verso l’epidermide, generando una variazione del bulbo.
- Fase Telogen (fase terminale) il bulbo tende a scomparire del tutto ed il pelo cade. Una caduta fino a 100-150 capelli al giorno non deve spaventare, è fisiologica.
La velocità di crescita dei capelli è uguale sia nell’uomo che nella donna, ma ciò che rende diverso il loro ciclo è il ricambio: nell’uomo avviene a velocità doppia o tripla rispetto alla donna.
Le cause dell’alopecia androgenetica
Il diidrotestosterone è un ormone che, a partire dal suo precursore il testosterone, si forma anche a livello dei follicoli piliferi in seguito all’intervento dell’enzima chiamato 5-alfa-reduttasi di tipo 2. A causa del diidrotestosterone i capelli diventano via via più corti e sottili, col risultato di non riuscire più a coprire il cuoio capelluto (con risultati che vanno dal diradamento alla calvizie completa). Ciò si verifica perché la fase di crescita (anagen) si accorcia sempre di più, a favore di quella di involuzione (catagen) e di riposo (telogen).
Le zone della nuca e delle tempie sono aree cosiddette ormono-indipendenti, non suscettibili all’interferenza del diidrotestosterone e quindi a calvizie androgenetica: ecco perché è da queste zone del cuoio capelluto che vengono prelevati i bulbi necessari per l’autotrapianto di capelli.
Sintomi e manifestazioni dell’alopecia androgenetica
Nell’uomo e nella donna le manifestazioni cliniche dell’alopecia androgenetica differiscono. Nell’alopecia androgenetica maschile solitamente la perdita di capelli inizia dalle tempie (la cosiddetta stempiatura) e/o dalla corona (o vertice) e si estende gradualmente, fino a generare un diradamento diffuso o persino completo.
L’alopecia androgenetica femminile, invece, è caratterizzata da un diradamento nelle aree frontale (appena dietro l’attaccatura), parietale e coronale.
Da notare che il diradamento della capigliatura imputabile all’alopecia androgenetica non è dovuto ad una vera e propria caduta dei capelli, quanto alla progressiva miniaturizzazione del capello, che infine diviene praticamente invisibile ad occhio nudo. Esaminando con una lente di ingrandimento il cuoio capelluto di un soggetto affetto da alopecia androgenetica avanzata, noteremo che le aree che appaiono prive di capelli (calve) presentano invece una peluria sottile.
Non di rado, poi, l’alopecia androgenetica si manifesta assieme a seborrea e desquamazione furfuracea, ma tali condizioni non sono necessariamente associate.
Cure per l’alopecia androgenetica
Molti si chiedono come si cura l’alopecia androgenetica. Per combattere la calvizie, in molti casi basta intervenire con una giusta terapia medica (utilizzando farmaci come minoxidil e finasteride) finché il ciclo vitale dei capelli non raggiunge la sua fase terminale. Tuttavia, in moltissimi altri casi la terapia chirurgica è l’unica cura possibile per l’alopecia androgenetica. Nelle tecniche chirurgiche si interviene con l’autotrapianto, quindi il paziente si “autodona” i follicoli dalla propria zona occipitale (nuca), che non è normalmente interessata dall’alopecia androgenetica.
Prima di trapiantare i capelli, questi vengono prelevati attraverso una delle due tecniche più raccomandate: FUE e FUT. La tecnica FUE (Follicular Unit Extraction), anche detta impropriamente “trapianto monobulbare”, è una tecnica che consiste nel prelievo diretto delle unità follicolari. Con questa metodologia è possibile minimizzare gli effetti collaterali indesiderati, come le cicatrici. Tuttavia, la scelta di una tecnica rispetto a un’altra per ottenere risultati ottimali nella cura della calvizie dipende sì dal paziente, ma soprattutto dal tipo di capello.
In ogni caso, dal momento che i capelli trapiantati mantengono le stesse caratteristiche anche dopo essere stati reinnestati nella zona ricevente, è chiaro che le qualità della zona donatrice, quali densità, colore, consistenza del capello, andranno ad influenzare notevolmente il risultato finale del trapianto.
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